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seriallickerit: Le chiamano erbacce, col dispregiativo. E in quel nome c’è il loro destino: roba da disprezzare, da estirpare e avvelenare. Roba che, nelle città in cui nessuno passa a farlo, si scrivono lettere al giornale contro l’incuria dei tempi moderni. A me invece piacciono un sacco. Di più: le ammiro. A loro basta un minuscolo spazio tra un marciapiede e un muro, un centimetro quadrato di terra non ripassata con la malta bastarda, per crescere, incuranti del fatto che intorno dovrebbe crescere solo la città, che sfancula la natura per essere plasmata come vuole l’uomo. Ma anche se l’uomo non vuole, un semino e un centimetro quadrato di terra bastano per germogliare, crescere e far sventolare le foglie al vento apparente delle auto che passano. Non esiste una resistenza più incrollabile, non esiste una volontà più ferrea di quella della natura quando decide di rigenerarsi.

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